Pubblicato il Ottobre 31, 2022Aggiornato il Aprile 25, 2023
Questo monegasco verace è stato allievo dello Chef Alain Ducasse, ha conosciuto le cucine del Casino de Monte-Carlo, dello Sporting Monte-Carlo, del Buddha-Bar Monte-Carlo… prima di partire per l'estero alla scoperta di altre culture culinarie e di know-how diversi. Ma quando si è legati a Monaco, ci si torna sempre. Da oltre 20 anni, Richard Rubbini mette tutto il suo talento e il suo amore per la cucina al servizio dei clienti di Monte-Carlo Société des Bains de Mer. Oggi, lo Chef prende le redini delle cucine del Casino de Monte-Carlo, quelle del Salon Rose e del Train Bleu. È l'occasione ideale per parlare con lui di questa nuova avventura, della sua filosofia in cucina e del suo affascinante percorso.
Cosa rappresenta per lei questa nuova avventura?
Richard Rubbini: È un grande onore. Un piacere! Il punto di arrivo di un percorso che è cominciato a Monaco diversi anni fa. Il Casino de Monte-Carlo è un luogo e un edificio straordinario, con i suoi quadri, le sue sculture, i suoi soffitti in vetro. Un posto magico. Tutto deve essere perfetto. E quindi, dobbiamo fare sognare i commensali. Sia che si tratti di giocatori o di altri clienti, dato che ovviamente questo non è un luogo chiuso, riservato esclusivamente agli amanti del gioco.
Qual era il suo rapporto con la cucina quando era bambino?
R. R.: Mi è rimasta impressa un'immagine. Mia nonna ai fornelli che alla domenica prepara gnocchi, ravioli, stufato di manzo, coniglio alle olive. Faceva una cucina del territorio, con prodotti semplici. Per rispondere più precisamente alla sua domanda: ho sempre saputo fin da bambino che cosa avrei voluto fare. Quindi mi sono spinto fino in fondo…
Fino in fondo al suo sogno?
R. R.: Sì, dopo l'istituto alberghiero, ho avuto la possibilità di fare il mio stage di cucina con lo Chef Alain Ducasse proprio nel momento in cui era si era unito al Gruppo. Ed è subito scattato qualcosa dentro di me. Quella era la cucina che volevo fare. Sia che si trattasse della qualità dei prodotti, dell'arte della tavola, delle persone, dello chef… volevo raggiungere quella cucina d'eccellenza. Sono stato colpito da questa qualità. Mi ha permesso di viaggiare, di incontrare altre culture, altri modi di pensare e di cucinare.
Dei viaggi di arricchimento?
R. R.: Sì, sono andato innanzitutto in Svizzera per apprendere i fondamentali della cucina classica tradizionale. Un po' come di fa per la musica: prima il solfeggio per poi diventare capaci di interpretare! Poi è stata la volta di Londra all'Hyde Park Hotel con Marco Pierre White e le sue tre stelle Michelin. Ho poi trascorso tre anni al St. Regis New York, il ristorante Lespinas dove ho scoperto la vera cucina fusion, con abbinamenti di prodotti che non pensavo fossero possibili. Prima di questi viaggi, non esisteva che un'unica cucina: francese e provenzale. Per me, il massimo della gastronomia. Tuttavia, all'estero mi sono resto conto dell'esistenza di cucine dagli stili diversi e credo che questo si senta nei piatti che propongo oggi.
Nel 1997, ritorno a Monaco… Un passo scontato?
R. R.: Sono un monegasco verace, sono nato a Monaco, ho studiato qui, ci ho vissuto dalla nascita fino a che non sono partito per l'estero. Ciò che mi ha fatto tornare è il legame con il paese, il blu del mare, gli amici, le persone. La mia vita è qui. Al mio ritorno, sono entrato al Casino de Monte-Carlo, al vecchio ristorante del Salon Privés, per poi passare allo Sporting, che mi ha permesso di perfezionarmi. Mi adatto a lavorare sia in un ristorante gourmet che in un ristorante da 1.000 coperti. Ho il compito di fare evolvere l'identità dei ristoranti del Casinò, ovvero il Salon Rose e il Train Bleu, e di proporre nuove idee per il Buddha-Bar Monte-Carlo.
Come si evolverà il Salon Rose?
R. R.: Offriremo una nuova identità culinaria a questo rinomato spazio gourmet all'interno del Casinò. Modernizzeremo il menu, per renderlo più festoso, più world-cuisine. Un humus con un buon pane pita, un tataki con salsa yuzu al tartufo, zenzero fresco, couscous… da degustare nell'ambiente intimo e confortevole di questo antico affumicatoio dagli arredi Belle Époque con le sue nicchie e alcove rosa polvere e la sua terrazza aperta sul Mediterraneo.
E per quanto riguarda il Train Bleu?
R. R.: In questo luogo unico, un vagone ristorante in stile Art déco, proponiamo una cucina tradizionale, italiana e provenzale, ma ancora più gourmet e raffinata. Lavoreremo sul prodotto, sulla semplicità e apporteremo un tocco contemporaneo. Un invito al viaggio con la Place du Casino a fare da cornice.
Può dirci qualcosa di più sull'aspetto della personalizzazione a cui punta questo ristorante?
R. R.: Il Train Bleu ha la vocazione di rispondere a tutti i desideri culinari dei clienti, sia a livello dei piatti ma anche a quello degli abbinamenti tra le pietanze e i vini. La cucina resta aperta mentre i clienti sono in sala. Il menu serve come indicazione, ma si può fare ogni genere di richiesta immaginabile dal momento che abbiamo i prodotti. Ricetta, cottura, salsa, condimenti: tutto è possibile. Ogni servizio è una sfida. E in qualità di chef, è particolarmente stimolante.
Come descriverebbe il suo universo culinario?
R. R.: Fatto di semplicità e molto gusto. Nella nostra regione, abbiamo i migliori prodotti del mondo, sia quelli che provengono dal mare sia quelli che provengono dalla terra. Adoro la cucina locale. Ma amo anche lavorare le spezie e mescolarle alla cucina della Riviera.
Ha dei prodotti feticcio?
R. R.: Il carciofo e il fiore di zucca. Sono prodotti che troviamo nei nostri mercati e che possiamo rendere sublimi, sia che vengano bolliti, saltati, affogati, arrostiti. Non c’è niente di meglio di un carciofo, ben arrostito, con due acciughe frantumate, un filo d’olio d’oliva e del basilico.
E per quanto riguarda spezie e aromi?
R. R.: Il basilico, l’origano, la santoreggia, il serpillo sono gli aromi che utilizzo più spesso. Per ciò che riguarda le spezie, adoro il pimento di Espelette, lo zafferano e il curry. Questi sono gli elementi di base della mia cucina oggi.
Il senso più importante in cucina…
R. R.: Il gusto, il gusto, il gusto! È necessario che il prodotto non venga snaturato, che sia lavorato secondo il suo carattere, nel modo più semplice possibile.
Che rapporto ha con i suoi team?
R. R.: Sono molto calmo e ho un rapporto di complicità con le persone con cui lavoro. Questo mia aiuta molto nella formazione. Quando ho cominciato più di trent’anni fa, si urlava molto nelle cucine. Per me, il dialogo e lo scambio vengono prima di tutto. L’unione con il suo team è un elemento indispensabile per lo chef.
Una testimonianza che l’ha particolarmente segnata?
R. R.: Adoro condividere le mie conoscenze e la mia cucina. Dei commenti semplici come “Chef, era ottimo”… Ho gestito diversi eventi, come l’ultimo gala della Croce Rossa di quest’anno, sulle Terrasses du Soleil. È stata una grossa sfida montare una cucina temporanea sulla terrazza del Casinò e cucinare per 800 persone. È stato un grosso stress, ma ricevere un’e-mail di complimenti dal Monsignore o della direzione generale, è un vero piacere ed è davvero motivante per i team!
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