Pubblicato il Ottobre 26, 2022Aggiornato il Giugno 19, 2023
I 20 anni di carriera di Alex Jaffray come compositore, produttore, telecronista e molto altro sono lo specchio del suo amore incondizionato per la musica in tutte le sue forme, dalle colonne sonore dei film e le sigle televisive all’identità musicale dei brand. 20 anni di passione che condivide con il pubblico in TV, in radio e sul palco.
“Perché imparerete ad amare il jazz”, provi a creare un sottotitolo per la masterclass che sta per tenere. Perché si ha difficoltà ad apprezzare questo genere?
Alex Jaffray: perché il jazz può sembrare una musica “elitaria”, che a prima vista esclude gli ascoltatori che non ne conoscono le caratteristiche. Per me era arrivato quindi il momento di far scoprire la verità, cioè che in realtà il jazz è per tutti!
È vero, il jazz è un genere ancora considerato di nicchia ed elitario, riservato solo agli esperti di musica. Eppure, ha origine negli ambienti popolari americani. Un paradosso, vero?
A.J.: è vero! Ho avuto la fortuna di conoscere Lalo Schifrin, il geniale compositore, celebre soprattutto per l’indimenticabile tema della serie Mission Impossible o per le colonne sonore di film come Bullitt e L’Ispettore Callaghan. Ha detto una cosa per me straordinaria: “Il jazz è la musica classica americana”. Come tutte le forme artistiche sofisticate, forse il jazz a volte ha creato troppa distanza con il pubblico non esperto. O meglio, probabilmente sono stati gli appassionati più esperti ad aver creato un’aura quasi sacra intorno al jazz...
Per quanto la riguarda, quali emozioni e immagini le evoca il jazz?
A.J.: un numero incredibile di emozioni e di immagini: il rischio dell’improvvisazione e una musica che è allo stesso tempo frutto di riflessioni precise e legata alle sensazioni del momento.
Qual è il suo primo ricordo legato al jazz?
A.J.: Johann Sebastian Bach! No, scherzo. Ma forse Bach reinterpretato dal pianista Jacques Loussier. Aggiungerei anche il gruppo americano Blood, Sweat and Tears, la cui musica è una fusione perfetta tra jazz, rock e blues. O la prima volta che ho sentito un assolo di tuba dello straordinario Dave Bargeron.
Un incontro che le è rimasto impresso?
A.J.: Gilles Marsan [N.d.R.: direttore artistico del Monte-Carlo Jazz Festival]! E forse anche Clint Eastwood, grande appassionato di jazz.
Quali artisti jazz hanno influenzato il suo stile?
A.J.: il pianista Dave Brubeck e il suo quartetto, il gruppo del Québec Uzeb con il suo jazz fusion e Keith Jarrett, in trio con Gary Peacock e Jack DeJohnette o da solo, quando improvvisa al pianoforte.
Joshua Redman, Brad Mehldau, Jethro Tull, Magma, Cécile McLorin Salvant, Melody Gardot, Anouar Brahem e tanti altri. Cosa pensa della programmazione del MCJF 2022?
A.J.: sono un grande fan di Brad e Joshua. Sì, mi piace chiamarli per nome come se condividessimo lo stesso Steinway. Conosco la brillante Melody, il suo nuovo album piano-voce Entre eux deux registrato con Philippe Powell è una meraviglia! La programmazione 2022 è splendida ed eclettica. E non vedo l’ora di scoprire i mitici Magma in versione orchestra!
Una rubrica musicale durante il programma Télématin su France 2, la partecipazione a un TedX, un programma breve, Le Son d’Alex, presentato poi in versione lunga in uno spettacolo di stand-up musicale autobiografico... Come spiega questo bisogno incontenibile di condividere la sua passione degli ultimi 20 anni?
A.J.: mi ha smascherato! Effettivamente, dentro di me ho questa necessità di trasmettere le mie conoscenze in maniera ludica. Sicuramente perché ho avuto la fortuna di avere dei maestri generosi e disponibili, che condividendo le loro passioni hanno alimentato le mie.
In un’intervista ha sottolineato la differenza tra “far conoscere” e “dare lezioni”. In che modo ciò è legato al suo approccio durante la trasmissione?
A.J.: l’apprendimento richiede sempre uno sforzo, per questo per me ha più senso farlo accompagnando un aspetto ludico e stimolando la curiosità. È un modo per unire l’utile al dilettevole.
“Agitatore musicale”, “divulgatore”... si riconosce in queste definizioni?
A.J.: agitato senza dubbio [N.d.R, risate e braccia che si agitano in aria].
Con quale stato d’animo condurrà questa masterclass?
A.J.: come una possibilità e come un prototipo. È una creazione realizzata insieme al mio compagno di lavoro Olivier Decrouille.
Con quali argomentazioni pensa di riuscire a “farci amare il jazz”?
A.J.: non posso rivelare il contenuto della masterclass (shhh!), ma molto probabilmente scoprirete che amavate già il jazz prima ancora di entrare in sala.
Monaco, terra di jazz… cosa le fa venire in mente?
A.J.: ho avuto la fortuna di essere commissario della mostra Monaco on Stage, 100 ans de concerts à Monaco.
In questa occasione ho avuto accesso a un elenco di artisti incredibili, jazzisti e jazziste che hanno emozionato il pubblico monegasco. Mi è venuta voglia di prendere una DeLorean e viaggiare indietro nel tempo per assistere a tutti i concerti.
Qual è il luogo che preferisce qui?
A.J.: il Bar Américain, ma attenzione, il prezzo della tequila è stellare!
Se Monaco fosse un brano jazz, quale sarebbe e perché?
A.J.: Lullaby of Birdland, una splendida canzone d’amore, meraviglioso standard jazz americano composto nel 1952 da George Shearing e reso celebre dalla voce di Sarah Vaughan. È stato poi riproposto anche dai più grandi come Charlie Parker, Duke Ellington, Ella Fitzgerald e Peggy Lee. Perché questo brano? Perché... be’, in realtà la spiegazione sarebbe troppo lunga!
In poche parole:
Quando? Il 12 novembre 2022 dalle 17:00
Dove? Presso il Salone Eiffel dell’Hotel Hermitage Monte-Carlo
Come? [email protected]
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